07 marzo 2007

#3 – Arredamento, che passione!

Esiste un ristretto numero di complementi d’arredo accomunati da una peculiarità assai strana: candelabri, appendiabiti, sedie, tavolini, lampade e sculture ready-made. Associarli non è immediato, ma non è lecito trasformare questo post in un quesito da settimana enigmistica quindi risolverò per indizi. Pensate, innanzi tutto, a questi oggetti fatti da esseri umani.

Pensate ancora.

Ripensateci un po’.

No, non ci siamo. Quel “da esseri umani” non va inteso come complemento d’agente.

Pensatelo così:





Sì, s’intende “da esseri umani” come complemento di origine. Se le sculture di Allen Jones ricorrono all’uso di un substrato inorganico, The House of Gord propone la furniphilia come versione “estrema” del bondage. Attenzione: non si tratta di esseri umani che fanno da oggetti, ma di oggetti fatti da esseri umani.
Il gioco delle riflessioni è aperto: polemica radicale sulla reificazione della donna? ennesimo intervento patriarcale che svilisce il corpo femminile? messinscena dei rapporti di potere nelle pratiche sessuali? Questo e molto altro, a seconda di chi osserva. Nella produzione di elementi, non è questo il punto di interesse. Quel che interessa, piuttosto, è la produzione di giocattoli da mettere al servizio della fantasia.
Tanto le creazioni di Allen Jones quanto le proposte della House of Gord sono legate al soggiorno, spazio domestico che fa da cerniera tra il pubblico e il privato. Ma se proviamo a tradurre furniphilia con arredofilia, ecco scorrerci in mente tutta la storia del design: dai pugni chiusi/spremiagrumi all’arcata sopraccigliare su cui spaccare l’uovo per la frittata… per non dire delle applicazioni da bagno: seggiolino da vasca, spazzolone del cesso, portasciugamani.
All’epoca della televisione a colori in ogni soggiorno italiano degno di questo nome, nel pieno del trash anni ’80, la mia infanzia fu segnata in particolare da un oggetto che metteva in comunicazione la cucina con il divano del salotto, consentendo di consumare i pasti davanti a Fantastico o Cacao Meravigliao.
Rivisitando l’idea del tavolo, il carrello portavivande incarna il patto tra il bondage e le pratiche di dominazione, imponendo allo slave l’obbedienza necessaria affinché il master consumi comodamente il proprio pasto, che provvede ad arrivare da sé. Come fossero freni, fasce e corde sono poste solo per fermare lo slave in posizione mentre si mangia. Quando al menù, un certo internazionalismo italico vegetari/ano impone di usare l’incavo della schiena come piatto fondo per una porzione di pasta – calda, ça va sans dire. E guai a farne cadere in terra un solo pezzo! In tal caso, infatti, potremmo apprezzare la bocca-mocio all’opera. L’uso della forchetta aggiunge docili elementi di sadismo che preludono alla rotella tagliapizza. Come stadio intermedio mi permetto di suggerire le pennette all’arrabbiata.

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1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

novella geisha del terzo millennio, ed in pieno spirito dumb waiter, mi aggiro, vassoi ricolmi alla mano, in salotti pullulanti di bocche intente ora a masticare ora a profferir verbo e mi diletto ad annotare mentalmente sguardi e movenze e tic: chi con ipocrita falso dietismo si sofferma sui contorni, chi avidamente afferra le ciotole delle salse spalmandone abbondanti quantità su golosi pezzi di schiacciata, chi si rivolge con ingordigia al vassoio dei salumi, indeciso se gustare prima il saporito salame di cinta o il delicato prosciutto di parma, chi infine, oh! sommo diletto, con cura estrema ed edonistico piacere, si raccoglie a creare nel piatto un ricco compendio dei pezzi migliori per poter al fine gustare il boccone perfetto....
Ah!!!cosa non ti farei con la rotella tagliapizza!!!!!

10 marzo, 2007 00:37  

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