29 settembre 2006

#1 - La scoperta del piacere

Oggi, forse solo per un attimo, ha posato i suoi occhi su di me. Penso che pochi attimi gli siano bastati, eppure non riesco ancora a capire se gli piaccio o no, non mostra in modo chiaro un interesse per me, sembra curioso o incuriosito, ma la cosa non mi convince: dubito di non potergli piacere.
Anche se Barbara non sarebbe d’accordo, ho deciso che era il caso, per una volta, di usare il dizionario, che è pure uno nuovo di zecca e così i miei sono contenti e non hanno l’impressione di avere buttato soldi al vento (e questo fa punti sugli orari dei prossimi rientri notturni). Insomma, ho cercato “piacere”. Non che adesso io abbia le idee chiarissime, ma credo di avere scoperto qualcosa che Barbara si deve rassegnare ad ignorare per sempre. Il dizionario dice:
Piacere, 1 s. m. (abbreviazioni che non ho capito, ma vabbe’) sensazione che si prova al contatto o in presenza di un oggetto, persona o esperienza gradevole, spesso in riferimento all’ottenere un oggetto o un fine desiderato; sensazione di piacere miglioramento dell’umore, gradevolezza, godimento. 2 v. intr. – a (e qui ho capito il consiglio di Barbara sui dizionari); dare, suscitare, indurre sensazione di piacere; rifl. mi piace dà piacere a me (e questo era chiaro anche per me). 3 inter. (calcistico?) locuzione (??) usata nelle formule di presentazione cordiale, es. -Piacere, Enrico –Piacere, Anna.
Ora, a parte che io non direi mai Piacere, Anna, ma semmai Ciao, Anna, ho capito che c’è una relazione con lo shopping. Vedo una cosa che mi piace, provo una sensazione di piacere. Quindi quell’oggetto dà piacere a me. È ovvio! Devo farmi piacere, sbagliavo proprio in questo, come Dolce&Gabbana che continuano a fare scarpe che nessuno comprerebbe perché a nessuno danno piacere, nessuno le desidera. Per piacergli io devo dare piacere a lui, lui deve desiderarmi. Lo sapevo che in fondo l’amore era un problema di moda.

P.S.: E comunque Barbara deve capire che io posso pensare con la mia testa. Perché io valgo!

Note:
(1) in merito a “Barbara” vedi Tiqqun, Elementi per una teoria della Jeune-Fille, 2003, Bollati Boringhieri: “Identica in questo alla disgrazia, una Jeune-Fille non viene mai da sola” (p. 42);
(2) sul percorso mentale che porta dall’interrogativo di partenza all’uso del dizionario vedi ibidem, “Tutti i comportamenti della Jeune-Fille tradiscono l’ossessione del calcolo” (p. 75);
(3) circa il rapporto con i genitori vedi ibidem, “La Jeune-Fille concepisce la propria esistenza come un problema di gestione che aspetta da lei la seduzione ” (p. 60);

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