29 maggio 2007

#16 - Tuttalacriticafilmperfilm (3rd issue)

I SOLITI COLPETTI

Nell’Oltrepò pavese grigio di nebbia autunnale, la bella Margherita adempie puntualmente ai propri doveri di casalinga e moglie. Silvio, piccolo imprenditore lavorista, fa tardi tutte le sere. Ogni notte, per ventisette notti al mese, Silvio adempie puntualmente ai propri doveri di marito.
Margherita è un’inedita Veronica Pivetti, abile qui come non mai nel non tradire nessuna emozione che non sia la noia. Il suo viso annoiato sul guanciale, passivamente scosso dai soliti colpetti, si erge a cifra estetica di tutto il film.

La sceneggiatura de “I soliti colpetti” si basa esclusivamente sui silenzi. L’azione è praticamente inesistente e l’idea di raccontarci la storia così come la evocano i silenzi della casalinga di Voghera fa sì che il ritmo risulti piuttosto lento. Ma proprio grazie a questa scelta il film risulta ipnotico e cattura lo spettatore per stringerlo sempre più nell’atmosfera voluta, quando la routine diventa frustrante mise en abyme senza scampo.

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17 maggio 2007

#15 - Mostruosamente normali

Rosama Bind-Laden

organizza la prima

conferenza nazionale sulla famiglia
che si richiama direttamente al family day proponendo il family way...

(eccovi il manifesto)
manifestofamigliadef

(frattanto, correte ai ripari)



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15 maggio 2007

Abbiamo vinto!



Con il 64,83% dei voti (50 sezioni scrutinate su 71) Gela conferma Rosario Crocetta.


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09 maggio 2007

#14 - Traggedia (una lettera aperta)

Cara Rosy,

mi permetto di darti del tu perché so che mi consentirai di usare un tono colloquiale, anzi familiare.
Cara Rosy, m’è successa una disgrazia, una traggedia di quelle che solo tu, redini della Famiglia alla mano, puoi risolvere. Rosy, oh Rosy, ah Rosy o tu sapessi! Sapessi che c’è! C’è che so’ frocio. Nun ce posso fa’ gnente, m’è arivata così, tra capo e collo anzi un po’ più’n basso ma nun vorei esse scurile co’ te che sei tanto bona Rosy e tanto signorile e beneducata. Inzomma Rosy mi sono accorto di questo fatto e lì per lì uno dice boh, e che ce potemo fa’? Gnente. Se lo tenemo così. Uno è frocio e si tiene che è frocio.
Sennonché mi sono voluto sposa’. Ma mica per amore! Eh no cara mia, che per amare ‘sti uomini bisogna essere dei santi e ce vo’ pure n’aureola de scorta. No, macché, ma quale amore. Me volevo sposa’ pe’ arriva’ in fondo al mese, si capisce. E poi perché la mamma vuole il nipotino.
Parèntesi: Non sono mica come vell’artri che non dicano nulla. Eh no. Io a mia mamma e c’ho provato a spiegaglielo come stanno le cose ma è che lei ‘un c’ha capito punto. È là che continua a di’ che i figlioli io li posso fa’ uguale basta trova’ ‘na donna. Dice: “vedrai se non puoi fare i figlioli in cooperativa con una lesbia! A’ tempi mia le cooperative e funzionavan così. Ci si dava ‘na mano l’un l’artra. O mi dirai che non è più così? Quando noi s’era all’opposizione la diccì ‘un si permetteva mica di fa’ ‘sti scherzi. Se c’era ancora ir tu’ nonno s’andava ar Partito e gliene dicevate vattro!”. Ora, già la mi’ mamma risponde male ar centralino automatico della telecom, seondo te potevo anche dille com’è che funziona la Legge 40 che poco ci manca e ‘un l’ho capita nemmen io?
Vabbe’, però questa cosa del matrimonio lei l’ha presa bene. Se n’annamo all’ufficio der comune, io e l’amico mio, e se segnamo pe’ facce sposa’. Famo pe’ firma’ le carte e l’impiegato subbito “No. E che, ve volete sposa’ du’ omini? Ci vuole marito e moglie. La moglie chi è? A ‘ndo sta?”
“Come – je faccio io – una c’à la jella d’esse nata donna e se po’ sposa’, e due che c’hanno la disgrazia d’esse du’ froci nun possono?”
“Ma s’è mai sentito, che so, Gino e Michele sposi?”
“Che, je pare strano a lei?”
“Ma no – fa l’amico mio – non se volemo sposa’ pe’ davero. È… diciamo un’associazione de mutuo soccorso. Anzi, è un’associazione de soccorso ar mutuo. Lui ce mette un po’ delo stipendio suo e io un po’ di quelo mio e nun si paga più l’affitto e vivemo in una casa ch’è tutta de nioartri due. Così s’ariva in fondo ar mese e magari ce scappa pure la pizza ‘nzieme! E ce sta pure la sorella mia che è zitella e ce sta a fare un pensierino. Però volemo avecci le carte. Metta un giorno litighiamo? Metta un giorno questo me lo mannano all’artro mondo? Metta ‘na disgrazia qualsiasi… che, me buttano fori de casa così come je pare a loro? De traggedie e de disgrazie se n’hanno avute già troppe, ora magari la carità de facci’ fa’ ‘st’associazione…”
Gnente, Rosy credimi nun c’è verso de faglie cambia’ idea a ‘st’impiegati qui.
E quinni se rivorgiamo a te, co la speranza che te ce possa ajuta’. Ma mica pe’ caso. Ho conzurtato la zia Concetta, che ar secondo matrimonio e co’ ‘na fija nata che lei era ancora signorina e pure quindi co’ ‘nzacco de nonni sur groppone è praticamente n’avvocato divorzista, diciamo una teorica del diritto di famija messo in pratica.
Ci faccio questa telefonata:
“Pronto? Ciao zia, Gino sono! Come stai?”
“Gino, sangu miu!, quant’ha che non ci sentiamo? Niente niente ca passò quacche cingue giorni! Tu come stai? Ma fa freddo lì? Ah, senti, ci devi dire all’amico tuo Michele che c’ho messo il salame a staggionare apposta per lui e quando ci capita che viene qui se lo può passare a prendere. O preferisce che te lo spedisco? Ma mi scanto ca si l’arrubbano!”
“Zia ma lo sai che Michele è vegetariano… comunque proprio di lui ti volevo parlare”
“Ed è salame, mica che è castrato! Manco pare che è carne. Vabbe’, chi ci capisce è bravo. Comunque se lo vuole è qua e non glielo tocca nessuno. Che mi dovevi dire? C’ha quacche problema sua madre per caso?”
“No zia, sua madre sta bene e ti saluta. No, no, è che inzomma, io e Michele volevamo andare a vivere ‘nzemmula. Sai ‘ste cose di mutuo, paghiamo tutti e tue l’affitto, un sacco di tasse che non ti dico… volevamo a tipo sposarci ma dice che non si può fare. Ma ti pare mai? Cose, ma cose, ma cose da non crederci! E l’impiegato di l’uffico non sai come ci taliò, ca mi fece sentire uno straniero, un alieno a poco!”
“Ah cuoremio, oramai dopo due matrimoni e un divorzio credo a tutto. Comunque è vero: voialtri non vi potete sposare. Per adesso. Dice che Rrosy sta provando a farvi i moduli cambiati pure per due uomini o due fimmine, ma ‘u tiriscu ‘un boli!”
“Ah, ma tu la conosci ‘sta Rrosy? Magari ci fa un favore, tante volte…”
“Sì, la vedo un sacco di volte. ‘A viu ‘nni Bruno tutt’i siri e praticamente oramai è a tipo che ci conosciamo. So tutto. Poi lo sai che io per queste cose di famija ci sto troppo attenta. L’altro giorno ero pure all’ufficio al comune che ci spiegavo le cose sulla detrazione dell’assegno di tuo zio l’altro. Comunque, il fatto è che questa cosa ce la devi chiedere a lei ché la successione, l’eredità, ‘a pinziuni, se per disgrazia vi lasciate e tutto il resto ancora non ci si capisce niente di niente, niente proprio. E poi c’è sempre ‘u tiriscu c’un boli!”
“Zia ma chi è ‘stu tedesco?”
“Amunì, come si chiama… quello che è vestito tutto chiaro, col il cappello tutto alla moda e le scarpuzze di prada… dài, ce l’hai presente di sicuro, che a ‘stu minuto non mi viene come si chiama. È sempre in tivvù.”
“Zia ma mi pare che stai parlando di un tronista della De Filippi, non è che ti confondi?”
“Seee!, un tronista, ma può essere mai? No, no, è più vecchio. Amunì Gino sta pure a Roma ‘nni tia, se non m’ajuti!”
“Vabbe’ zia, lascia perdere. Io ‘unnu canusciu. Poi lo sai che certi ambienti qui a Roma non li frequento.”
“Ma quali ambienti e ambienti! Ti dico che è uno famoso. Tedesco. Vabbe’, inzomma, per questa cosa vedi che tu ci scrivi a Rrosy ca’ idda t’arrispunni. Sicuro, che è troppo gentile. Proprio ce lo vedi in faccia che è una brava donna. Ci mandi la lettera là al ministero e vediamo che si può fare”
“Ah, ma lavora a un ministero? E potevi dirlo subbito. Ma tu com’è che la conosci?”
“Ti rissi che è nni Vespa ‘na sira sì e l’autra puru!”
“Zia ma che mi vuoi dire? Ma mi stai parlando della Bindi? Pare che è ‘a to’ parrucchiera a comu nni parri! Grazie, che ci potevo scrivere al ministro c’avevo pensato pure io, ma così, simbolicamente, pi’ lamintarisi! Ma no pi’ daveru…”
“Gino, se ti dico che oramai è a tipo che la conosco vuol dire che è a tipo che la conosco. Se tu ci scrivi quella risponde. Tipo quelli della parrocchia ci hanno scritto una cosa sulle famiglie unni sunnu assaj, e idda ci fici ‘u congresso a Firenze. Che ci devo venire pure io mi sa, picchì devo capire tua cuggina Marisa dove me la mettono co’ ‘sta cosa ca’ patri ‘un cinn’avi. Ci racconti tutto, ci dici questa cosa di Michele e pure di come ti hanno trattato all’ufficio – ca idda è sensibbile per queste cose – e vedi tu. Voglio dire: il caso mi pare chiaro, giusto? Picciuli ‘un cinn’è, affitto non se ne può pagare, bollette non ne parliamo. E se facendo corna oggi domani finisci ‘u spitali, chi ci viene subbito a trovarti che a Roma non c’hai nessuno? Ma poi vi volete pure bene che a dall’università che vi conoscete cu’ Michele, mi pare pure loggico a me che poi due vogliono a tipo sposarsi. Per me c’avete tutto il diritto, che siete belli insieme ca una quannu vi talìa s’arricria tutta. Niente niente che poi a mia cognata ci esce il nipotino e io divento di nuovo zia.”
Rosy questo è tutto. La zia è stata chiara e io non ho niente d’aggiungere. Capita, a qualcuno, d’esse frocio. Ma la vita è già difficile così. Che, ce la fai ‘sta grazia?

08 maggio 2007

#9quater - Manifesto della Crocerossina Urbana (IV)

DEFINIZIONI, RELAZIONI, PRATICHE (SEGUE)

m. La metafora fondamentale e la narrazione mitologica primordiale della crocerossina urbana è il dono. Il dono si sottrae all’economia monetaria ed è privo di un equivalente universale materiale. Aspettarsi che chiunque sia disposto in qualsiasi momento ad accettare il dono con un sorriso sulle labbra è da perfetti idioti. Aspettarsi che accettino in dono tutte noi stesse poi non ne parliamo! Uno dei problemi fondamentali del mondo contemporaneo è che tutt_ sospettano che chi fa un dono ne voglia uno in cambio (maledetto consumismo!). Da ciò la mostruosità e irricevibilità apparente della proposta di una crocerossina urbana che propone in dono nientepopòdimenocché tutta se stessa: il difficile è far capire che non si chiede in cambio che l’altr_ si doni interamente a sua volta. E qui si spalanca una semiotica del dono che è uno dei campi di ricerca più fertili e difficili nell’esistenza di una crocerossina urbana.

n. L’assenso è una pratica cruciale nell’agire della crocerossina urbana (vedi sopra i Principi, d). Magistrale esempio di questo assenso sono il Movimento per la Chiusura delle Tube di Falloppio e il Movimento per la Vasectomia Collettiva. Questo implica che la crocerossina fa esattamente tutto quello che le viene chiesto, nei limiti delle sue possibilità e della sua versatilità. Ciò la rende una figura inattaccabile della sovversione: è noto dai tempi della Lampada che la formulazione dei desideri è quanto di più pericoloso per se stesso un essere umano si possa trovare a fare. In ultima analisi, la crocerossina urbana funge da macchina di affinamento del desiderio. In un mondo che pullula di cadaveri di desideri di cui non si sa che fare, la crocerossina urbana svolge un irrinunciabile lavoro di cura sociale.

o. In ogni caso, se il problema appare irrisolvibile o il desiderio irrealizzabile, vuol dire che c’è un errore di interpretazione. Se il problema è di difficile soluzione, vuol dire che ne esiste un’interpretazione che lo rende più semplice. La rigenerazione della lingua interviene con torsioni semantiche elementari che svelano l’arcano.


Vedi le sezioni precedenti:

Percipi sum

MCU I - principi (a-f)

MCU II - definizioni, relazioni e pratiche (g-i)

MCU III - definizioni, relazioni e pratiche (j-l)


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03 maggio 2007

#13 - Ama il tuo nemico (in senso ossequiosamente biblico)

campagna europea di conversione ad uso civile delle armi di distruzione in armi di frocizzazione

Sezione 1 – Armi di Frocizzazione di Massa

1.1 - Esplosivi

Mod. 1 – Glitter bomb

Arma da guerra standard, in dotazione a tutte le militanti. Abbaglia il nemico con una pioggia di glitter che si disperde in un raggio di circa 90 metri. La pioggia è accompagnata da effetti sonori e luminosi ispirati ai video della disco anni ‘80. Può contenere tracce di parrucche.

Mod. 2 – Testata biologica “Circe”

Arma biologica sperimentale ad alto potenziale. “Circe” altera il DNA del nemico trasformando gli uomini in porci, maiali o sporcaccioni in generale.

Pur avendo tempi di preparazione assai lunghi e laboriosi, la durevolezza – spesso permanente – dei suoi effetti e le eccezionali probabilità di successo la rendono un’arma che non può mancare nel vostro arsenale!

Mod. 3 – Bomba Q

La Bomba Q è il prototipo dell’arma definitiva. Se ne suggerisce l’uso solo in casi disperati e solo se si è certi di non innescare sommosse etero-patriarcali (vedi oltre). Una Bomba Q trasforma il paesaggio per chilometri ricoprendolo di margherite, gelsomini e primule e genera una nube di gas (di solito Chanel N°5) che propaga gli effetti nella direzione del vento. Al momento dell’esplosione, un grazioso funghetto fucsia – più simile in realtà ad una gigantesca clitoride oscillante - appare in cielo e disperde polveri frocizzanti per centinaia di chilometri (frociout etero-attivo). Tra gli effetti ancora non spiegati e da studiare per passare dal prototipo all’arma vera e propria, si registra in particolare il boom demografico della popolazione di struzzi nell’area interessata. Tali struzzi hanno caratteri sessuali incerti e piumaggio policromo.

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