04 luglio 2007

#20 - Strategie

«Ho usato le parole correnti che tutti i giorni usano i ragazzi per farmi capire dai giovani» ha dichiarato Silviodoro giustificando l'uso di "stronzate" in riferimento a quanto dice Prodi.

Da questo si possono trarre almeno due conclusioni.
La prima è che "idiozia", "stupidaggine", "demenziale", "scemenza" e "cretinata" sono parole desuete, troppo auliche, difficili e quasi astruse; sono state soppiantate dalle meno forbite "merdata", "stronzata", "puttanata", "minchiata" e "cazzata". In una fine evoluzione rapper della lingua attendiamo al varco "frociata".
La seconda è che il Copronimo è un eccellente stratega della comunicazione: con questo slittamento semantico siamo rimasti senza parole per definire quello che dice lui.

Orsù, che si avanzino proposte!

P.S.: Qualcuno potrebbe ritenere opportuno derivare una terza conclusione sui giovani, o su quello che Sua Emittenza pensa dei giovani: tipo che sono caproni come le sue reti li hanno fatti. Obiettiamo che sarebbe stupido - pardon, sarebbe da stronzi prendere per buona una sociologia à la Mediaset, e d'altra parte alzi la mano chi ha scampato Bim Bum Bam, Striscia la notizia, Saranno Famosi o il TG5 (per i duri di comprendonio, si sta usando qui una figura retorica detta climax)

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02 luglio 2007

#19 - Veronica ha perso la fede

L’appuntamento era alle sette e mezza ma, contrariamente alla migliore tradizione italica, si presentano tutti con quasi un’ora di anticipo. Scatta l’ansia collettiva, si ricapitola il piano: acqua, vino e pane vanno costantemente tenuti sotto controllo, da ciascuno secondo il proprio rango; per il resto è tutto all’impiattata e si segue il vigile partendo dall’onore, tranne il mare caldo e le penne che sono alla francese, quindi si seguono anche qui i ranghi.
Questo verso le 19h00, prima che Veronica perdesse la fede.
Per quell’ora erano stati montati 20 tavoli e spiegate 20 tovaglie con altrettanti coprimacchia, 210 tovaglioli, 420 forchette e fatte 210 mise en place, cioè 210 tumbler da whisky per l’acqua, 210 flûte per lo spumante, il calice grande da rosso e il calice da bianco alto quanto un flûte nonché il bicchierino da sorbetto, per un totale di 1050 tra cristalli e vetri cui aggiungere le coppe da champagne per l’aperitivo, in egual o maggiore misura.
Per il mio battesimo di fuoco mi viene assegnato il tavolo d’onore con altri tre vicini, per un totale di 38 coperti. Eloquente sbiancamento, repentino cambiamento. Tanto più che il padre enorme della sposa sembrava preso dal finale de Il senso della vita e la nonna dello sposo era, a giudicare dallo stato di conservazione, anche la nonna di Lucy.
Come una marcia forzata, le 6 ore della cena di matrimonio procedono senza intoppi. Questo, almeno, se nella definizione di “intoppo” non ricade l’animatrice, creatura criselefantina (rispettivamente negli addobbi e nella stazza) di specie incerta: gatta in calore con la raucedine alla prova del canto (“Gloria” e “Teorema” nel repertorio) e raffaella carrà grassa in tenuta da hockey alla prova dell’intrattenimento. Lodevole il tentativo di imitare Bonolis quando, dopo avere selezionato due coppie-simbolo, ha fatto imitare ai padri (Luca e Luca, entrambi di Lucca…) il frignare dei rispettivi pargoli. A discapito di cotante buone intenzioni e applicazione, è stata surclassata dal duo deejaystico-canoro che, profusosi in canti toscani di buon auspicio nuziale, ha raggiunto l’apice mentre noi servivamo crostini con crema di buongusto&finezza, con versi come “’un le manca nulla, anzi c’ha qualcosa di più” – tratto questo da una composizione sulle brasiliane a Migliarino che strizzava l’occhio a Silvestri e De Andre’. Nel caos, seicento gamberoni vengono serviti tra una messe di bomboniere e confetti in impossibili piatti ovali. Circa un terzo di questi vedrà poi le nere profondità di un saccone da monnezza.
Se c’è un momento della vita per perdere la fede è proprio questo: circondati da opulenza e spreco a non finire, crespelle raggiunte dai gamberoni raggiunti dalla carne raggiunta dalla frutta, sulle penne, gli scampi, il mare caldo e il melone, storditi dai flash di innumerevoli digitali, intorpiditi dall’animazione, si matura una tale indisposizione verso il mondo che può accadere di perdere la fede ed è ammissibile che in conseguenza di ciò si consumi un dramma pubblico, scossi dalla scomparsa di certezze auree.
Certo, Veronica, non è elegante che tu perda la fede al tuo matrimonio. Ad esser buoni diremo che è un gesto simbolico di pauperismo. Fingeremo, stavolta, di non credere che a pensar male si fa peccato ma ci s’azzecca.


Massime - Perché io valgo

Se una commessa guadagna 5,40€ netti l'ora, facciamo che arriverei pure a 6,50 con l'esperienza che ho, moltiplicati per una vita lavorativa di 35 anni a 40 ore la settimana fa... 455.000 euro, più o meno. E qualche decina di migliaia di euro in contributi previdenziali.

Quindi posso vendere la mia verginità per mezzo milione di euro esentasse.


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