30 marzo 2007

#7 - OhMioDio!!!

A trasformare l'iPod in un oggetto per l'archiviazione e la diffusione di materiale pornografico, inutile dirlo, c'avevano già pensato.
Alla fine del 2004 venne infatti lanciato iBod, un album di foto che raccoglie in 25 scatti a bassa risoluzione le modelle più sexy di Playboy per il vostro iPod photo. "Bod" è lo slang per "body". Ovviamente il mondo intero ci ha messo meno di tre nanosecondi a capire che ciascuno poteva agevolmente fare lo stesso con il proprio album porno preferito.
Fu così che, dalle prime innocenti immagini pubblicitarie di questa neoreliquia del capitalismo, si giunse a popolarissimi messaggi promozionali a base di sesso, propagandati con ogni mezzo.


Come per i cellulari e anche più, fioccarono presto anche una miriade di dispositivi addizionali, ulteriori, extra, plug-ins, add-ons, etc...
Ad una recente fiera a Las Vegas le menti creatrici hanno superato se stesse in quella che, a mio modesto avviso, è una delle più straordinarie e contraddittorie sintesi del capitalismo ultra-avanzato che ci abita. Dopo il femminismo, questa cosa rimette in discussione il marxismo - per lo meno il mio. E lo obbliga a porsi nuove, disturbanti domande sull'economia del piacere all'epoca della sua riproducibilità tecnica.
La Suki LLC ha recentemente messo in commercio OhMiBod, che in inglese suona letteralmente OhMioCorpo ma è fin troppo affine a Oh My God perché il riferimento sfugga [Okay, okay, ad una percentuale non bassa di americani potrebbe sfuggire, è vero...]
OhMiBod è un extra per iPod dal diametro di 2,8 cm che diventano 3,7 se lo inserite nella sua pratica custodia... ergonomica - si acquista a parte a "soli" 12 dollari.
OhMiBod si collega all'iPod e va a tempo di musica. Ma lasciamo la parola a chi l'ha avuto in mano qualche istante:


"E pensate a quali sarebbero state le loro reazioni se non fosse stato semplicemente tra le loro mani!"

Tune in and turn on...
Vibrates at the rhythm of you favorite playlist
A whole new way to plug'n play
Use the volume wheel to power up the vibes
Vibe variations are as wide and wild as your playlists
Create and share sexy playlists in our "Club Vibe"
The ultimate iPod acSEXsory(tm)

[Sintonizza(ti) ed eccita(ti).../Vibra al ritmo della tua playlist preferita/ Un modo completamente nuovo di inserire&giocare/ Usa la rotella del volume per potenziare le vibrazioni/ Le vibrazioni sono varie e selvagge quanto la tua playlist/ Crea e condividi playlist sexy nel nostro "Club Vibra"/ L'Asessorio definitivo per iPod]

Lì per lì ho pensato: "Geniale!".
Poi ho precisato: "È lungo 14 centimetri (inseribili, specificano sul sito). Ti vendono anche la giarrettiera per metterci l'iPod e fare jogging o fitness. A soli 29 dollari. Così puoi fare sport, tenerti in forma e godere contemporaneamente."
Andando avanti: "Cioè ti scuciono 117 dollari per farti scopare a tempo di musica da un cazzo di 14 x 11,5 cm? E lo fanno anche passare per chic? I pubblicitari sono demoni di un ordine superiore, non c'è niente da fare."
Il punto è però che ti possono rovinare la giornata perché ti rendi conto che stanno colonizzando anche il piacere. Ti vendono il sogno di scopare con Madonna. A te e, in serie, a qualche altro milione di persone.
Non vedo altre alternative: non resta che fare lo stilita. "Ma questo non c'entra", direste voi. E io risponderei "C'entra, c'entra. Un po' di esercizio e ci facciamo entrare anche la colonna. Basta rilassarsi e trovare il modo di usare il miele selvatico a mo' di lubrificante." Questa sì che sarebbe una tecnica del sé!

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27 marzo 2007

#6 - Epica e Genere

Stanotte, con la mente funestata dai flagelli del corpo che ancor non m’abbandonano, tra l’allodola e l’alba mi lambiccavo il cervello con considerazioni sui vantaggi semantici del femminile in epica. La riflessione, assai banale, si concentra tutta sulle protagoniste che, almeno fino all’avvento di Bradamante, vestono alternativamente il ruolo di povere vittime o perfide carnefici. Se proprio va loro benissimo, fanno le amazzoni – ma gli tocca subire una mastectomia.
Dall’altra parte, uno stuolo di eroi. Chi più chi meno, sullo strafigo andante e, da Edipo ad Amleto passando per Agamennone e Dante, variamente memorabili. Fanno tutto loro: si creano il problema e se lo risolvono. Il copione è, solitamente, quello di un’infilata di idiozie che l’eroe si ostina a perseguire mostrando l’acume di un piccione in San Marco (id est: c’è sempre uno stormo di deficienti pronti a genuflettersi pe’ pasturallo).
L’eroe è sostituibile da un altro eroe e non dà alcuna dipendenza. Anzi è completamente indipendente anche quando sembra succube degli eventi (sennò non sarebbe lui ad avere la parte del protagonista). Ciò che interessa dell’eroe è, in definitiva, la funzione di identificazione per gli individui del pubblico. Per questo gli eroi si susseguono gli uni agli altri al variare del gusto.

Mi sembra opportuno aprire una riflessione sulle controparti femminili. Qualcuno osserverà che la disparità salta subito agli occhi per l’uso del diminutivo nel femminile, ma pensate, per un attimo, a tutti i vantaggi che l’eroina ha rispetto all’eroe.
Innanzi tutto di eroina ce n’è una sola. Certo, ci sarà un’eroina pisana piuttosto che un’eroina uzbeka, ma la sostanza è la stessa. Se gli eroi si presentano in una moltitudine variegata che segue uno stesso copione, quello dell’eroina è un tipo letteralmente fissato caratterizzato in particolare dai tratti del biancore e dalla purezza. Per intendersi: se Agamennone non è trasponibile a Gotham City, un’eroina metropolitana o un’eroina tardo-ottocentesca possono essere scambiate l’una per l’altra al di fuori dei contesti perché si tratta della stessa roba. L’autore, o l’autrice, può al massimo ricoprire un ruolo secondario nel tagliarla, accentuandone un aspetto e smorzandone un altro per ragioni contingenti o dosandoli conformemente alla propria vena.
Se ce n’è una, essa è insostituibile. Inoltre, essendo insostituibile, crea una forma di dipendenza: assunta l’eroina, qualsiasi sostituzione a stesura di poema iniziata o a prove avviate, è in realtà l’assunzione di un surrogato che, inevitabilmente, porta a esiti non confrontabili.
Da ciò possiamo far emergere le cause di un interesse specifico per l’eroina, differenziandole da quelle dell’interesse per gli eroi. La sua costanza trans-storica risulta in una funzione rilassante e, in certi soggetti particolarmente ansiosi in presenza del mutamento, di appagamento. Strettamente legata com’è all’ideale di purezza, l’eroina può scatenare reazioni euforiche nei soggetti predisposti: il cuore si allarga e si riempie di gioia. Nei casi più felici, potremmo dire che, davanti alla sua luce angelica, esso s’arresta.

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21 marzo 2007

#5 – Sulle esperienze lisergiche delle sfere celesti

Tutto ha inizio quella mattina che, appena uscito di casa per una veloce spesa levantina, scopri la nuova guardia giurata della banca. La sua uniforme ti ricorda un virtuoso sistema di archi rampanti: è fatta per esaltare la portentosa veduta absidale offerta da quei centottanta centimetri di sex-appeal mediterraneo. Decidi all’istante che preleverai sempre e soltanto da quel bancomat al quale lui, piantone dinanzi la porta, volge sempre le spalle e il panorama che vi sta sotto. Hai anche deciso che, nel malaugurato caso in cui non dovessi riuscire a privatizzarlo, chiederai all’UNESCO di proteggerlo.


La giornata prosegue all’insegna dell’efficienza e, se non interpreti questo, di per sé, come un segno della benevolenza universale, lo fai con l’incontro della mattina seguente. È venuto infatti il tempo del barbiere, cui da troppo tempo non porti visita. E se è un piacere in sé rimirare l’affabile hair-stylist – come si chiamano oggi –, è come se le congiunture astrali ti facessero una strizzatina d’occhio quando il conterraneo dagli occhi celesti fa’ cenno di riconoscerti, sfoggiando un sorriso a trentadue denti, nonostante ti abbia visto solo una volta e per giunta tre mesi fa! Ciò che, soprattutto, ti fa pensare che qualcosa non è nella norma è il renderti conto che il cuore, piuttosto che raggrinzirsi d’invidia verso la moglie alla vista del bambino, si rallegra per entrambi. È del tutto evidente che oggi non sei normale.


Segue una giornata all’insegna dell’efficienza e, anche stavolta, la cosa è interpretata come libera espressione dell’indole rottermeieriana. Finché all’improvvisa domanda “come stai?”, dopo un attimo di riflessione, non riesci a fare a meno di rispondere: “schifosamente bene”. E, in effetti, dall’aver ricevuto una telefonata di sentito ringraziamento per le sublimi quote etiche toccate in una relazione passata, alla diffusa pace dei sensi (esterni e interni) che ti ammanta, sospetti seriamente che il cosmo stia esprimendo verso di te una preferenza insolita, a tratti imbarazzante.


Il sospetto si consolida quando quella che potrebbe essere una crisi emotiva fuori scala MdF (scala Maria de Filippi, misurata in °AA, gradi AntigoneAuditel), una di quelle che in altri tempi ti saresti chiuso in casa una settimana cercando di farti venire la cirrosi epatica e il danneggiamento permanente dei recettori della dopamina, una di quelle crisi che quand’è passata, se mai passa, s’è portata via un pezzo di cuore grosso come il Borneo, una di quelle crisi che i missili russi a Cuba, in confronto, furono un contributo al disgelo della Guerra Fredda, ecco questa crisi si risolve nel giro di tre ore.


Tre indizi fanno una prova: ormai hai la certezza che i cieli di tutti i pianeti non ti stanno volgendo un sorriso benevolo, sono andati letteralmente in visibilio per te. E tu sei nella disposizione d’animo per restituire tutto questo al mondo. Ti senti investito di una missione lunare, quella di rischiarare le notti del mondo riflettendo la luce di un miliardo di soli.


Prima di lanciarti nella cosa, ti proponi un check-up completo e riconsideri i giorni passati in ordine sparso. (1) Sei stato un consulente apprezzato in una complicata crisi a trama eterosessuale (!); (2) il mostro sacro nel tuo campo di studi, quella che hai temuto per anni e al cospetto della quale tremi un po’ tutt’oggi, ti ha invitato ad un brunch a casa sua e, udite udite!, cucinerà per te; (3) contrariamente a quando accade di solito, ultimamente non sei tu a formulare gli inviti ma gli altri a rivolgerteli; (4) cercando, secondo le istruzioni settimanali di Rob, il più inutile dei tuoi tabù per decidere se violarlo o no, non hai risposto: “Hey, io sono un essere amorale, quindi non ho dei tabù”, bensì: “Be’, se c’è ed è inutile e io non lo riesco a trovare, sarà lì per qualche scopo, no? Tanto sto schifosamente bene…”; (5) Lo scopamico persevera nella sua contentezza e continua ad alimentare il tuo godimento narcisistico anche se non vi siete visti. L’apice lo raggiungi lunedì sera, quando ti chiama il ragioniere/calciatore/muratore viareggino presuntamene eterosessuale, del quale ricordi che ha una fava di tutto rispetto, che c’è stato un decoroso sexual intercourse orale, che è davvero carino e nudo faceva il suo porco – è il caso di dire – effetto e tu, dall’alto di non si sa bene che cosa ma comunque qualcosa di vertiginoso, ti permetti con nonchalance di declinare la proposta di scopata rinviandola a data da destinarsi.


È del tutto lampante che ogni cosa è meravigliosamente fuori posto. Ne hai certezza incontrovertibile quando, decidendo di affrontare i problemi che hai, ti ritrovi con un’ampia scelta di giochi eroici da intraprendere quanto prima. Se il problema per eccellenza è rappresentato dal fatto che quello a cui fai il filo sempre più spudoratamente sembra a stento essersi accorto dei tuoi (lodevoli, secondo te) tentativi di arrembaggio, la tua relazione con il cosmo, ora come ora, ti spinge ad una riedizione postmoderna dell’amor cortese da fare impallidire i trovatori. Perché se dovesse andar bene… be’, al meglio non c’è fine; e d’altra parte se dovesse andar male sei già con lo stilo in mano pronto a surclassare e incenerire in un sorpasso bruciante la maestà di un Alighieri o un Cavalcanti con pochi versi di fiammante bellezza.


Visto e considerato tutto, la sola conclusione logica è che l’universo non ti sta volgendo un sorriso benevolo, non ha una spiccata quanto imbarazzante preferenza per te né è, addirittura, in visibilio. Solo, ti guarda con occhio pallato e sorriso ebete.


Il cosmo, non v’è dubbio, si è calato un acido.



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16 marzo 2007

#4 - Ma che bonta!

Primo Incipit: Vogliate perdonare la lunga assenza. Ma alcuni prodotti, si sa, richiedono una lavorazione lenta. Ciò forse non è garanzia di qualità eppure è una lentezza che per certe creazioni è strutturale: ci vogliono tempi di sedimentazione e addensamento, di assimilazione e concentrazione, di torsione e contorsione.
Secondo Incipit: Rob B. diceva metaforicamente di me, la scorsa settimana, che avrei trovato, in fondo ad un percorso nascosto e a me nuovo per luoghi soliti, le statuette lignee di Buddha e Cristo tenersi per mano in una pozza di fango, con un verdone da 20 dollari.
Terzo Incipit: È impressionante quanto un individuo possa sforzarsi di fare corrispondere retrospettivamente quanto gli è successo in una settimana alle predizioni astrologiche. Nel mio cosa la faccenda rasenta probabilmente il patologico, perché ho addirittura cercato una chiave che richiamasse tutto ancor più sinteticamente. Salito sulle montagne russe, il trenino mi ha lentamente ma costantemente portato sempre più in alto finché alla domanda ‘Come stai?’ non ho potuto rispondere ‘Schifosamente bene, grazie. E tu?’. E si precipita solo per tornare a salire più in alto.
L’apoteosi stamattina: dopo quasi dieci giorni di lavorazione, il prodotto c’era tutto, dentro. Doveva uscire. Andava aiutato. Serviva un piano di battaglia dettagliato. La Fase 1 prevedeva l’impiego di crackers integrali e marmellata di fragole. Hmmm… qualche stimolo, ma stasi.
Si è così passati alla Fase 2: Grancereale alla frutta in batteria e prugne secche cotte. Sei. Intingolo di Grancereale nell’acqua di cottura delle prugne. E fu così che la peristalsi sostituì l’iperstasi. Ma ancora non bastava… la Fase 3 fu determinante. Il Detonatore. Missile traslucido in miniatura, razzo non destinato ai cieli, stamani ore 9.07 circa 2250mg di glicerolo innescarono il brivido intestinale tramutandolo in tumulto raramente esperito, un’ondata rettale con la quale pochi dei molti uomini conosciuti in senso biblico possono rivaleggiare, ingresso morbido e risucchio di risacca da cavallone oceanico.

Puro benessere mi pervade.
Ululo.
Letteralmente sollevato.
Piacere ottenuto per svuotamento e sottrazione.

Non potevo non rendervi partecipi di questo momento apicale. Di cibi lassativi all’olio di paraffina, nulla era rimasto intentato, persino la via dell’autoipnosi, immaginandomi una mano che strizzava sapiente metri e metri di intestini costipati. Nessun effetto. Nel tentativo di suscitare invidia e competizione nelle mie parti molli, rievocavo a me stesso la perfezione fecale raggiunta nelle Fiandre, perfezione non solo cronografica, si badi, ma anche estetica: lunghi, compatti, omogenei, asciutti, gli stronzi si adagiavano nella tazza olandese per farsi ammirare, quasi languidi, giorno dopo giorno. Avreste mai detto che Amsterdam fa cacare?
Ma adesso sono libero, leggero, felice, scattante. Una lunga lavorazione un po’ sofferta era preludio ad un grande piacere, una novità nei meandri della quotidianità. La storia delle statuette non l’ho capita, e non mi sono messo a cercare il biglietto verde ma ho trovato, in coda a tutto questo, qualcosa che vale molto di più (e che non c’entra assolutamente niente, è giusto per ribadire che sto schifosamente bene ndr). Così finalmente posso restituire all’universo il sorriso benevolo con il quale mi guarda da un po’ di tempo a questa parte, anche se fosse solo una mia illusione.



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07 marzo 2007

#3 – Arredamento, che passione!

Esiste un ristretto numero di complementi d’arredo accomunati da una peculiarità assai strana: candelabri, appendiabiti, sedie, tavolini, lampade e sculture ready-made. Associarli non è immediato, ma non è lecito trasformare questo post in un quesito da settimana enigmistica quindi risolverò per indizi. Pensate, innanzi tutto, a questi oggetti fatti da esseri umani.

Pensate ancora.

Ripensateci un po’.

No, non ci siamo. Quel “da esseri umani” non va inteso come complemento d’agente.

Pensatelo così:





Sì, s’intende “da esseri umani” come complemento di origine. Se le sculture di Allen Jones ricorrono all’uso di un substrato inorganico, The House of Gord propone la furniphilia come versione “estrema” del bondage. Attenzione: non si tratta di esseri umani che fanno da oggetti, ma di oggetti fatti da esseri umani.
Il gioco delle riflessioni è aperto: polemica radicale sulla reificazione della donna? ennesimo intervento patriarcale che svilisce il corpo femminile? messinscena dei rapporti di potere nelle pratiche sessuali? Questo e molto altro, a seconda di chi osserva. Nella produzione di elementi, non è questo il punto di interesse. Quel che interessa, piuttosto, è la produzione di giocattoli da mettere al servizio della fantasia.
Tanto le creazioni di Allen Jones quanto le proposte della House of Gord sono legate al soggiorno, spazio domestico che fa da cerniera tra il pubblico e il privato. Ma se proviamo a tradurre furniphilia con arredofilia, ecco scorrerci in mente tutta la storia del design: dai pugni chiusi/spremiagrumi all’arcata sopraccigliare su cui spaccare l’uovo per la frittata… per non dire delle applicazioni da bagno: seggiolino da vasca, spazzolone del cesso, portasciugamani.
All’epoca della televisione a colori in ogni soggiorno italiano degno di questo nome, nel pieno del trash anni ’80, la mia infanzia fu segnata in particolare da un oggetto che metteva in comunicazione la cucina con il divano del salotto, consentendo di consumare i pasti davanti a Fantastico o Cacao Meravigliao.
Rivisitando l’idea del tavolo, il carrello portavivande incarna il patto tra il bondage e le pratiche di dominazione, imponendo allo slave l’obbedienza necessaria affinché il master consumi comodamente il proprio pasto, che provvede ad arrivare da sé. Come fossero freni, fasce e corde sono poste solo per fermare lo slave in posizione mentre si mangia. Quando al menù, un certo internazionalismo italico vegetari/ano impone di usare l’incavo della schiena come piatto fondo per una porzione di pasta – calda, ça va sans dire. E guai a farne cadere in terra un solo pezzo! In tal caso, infatti, potremmo apprezzare la bocca-mocio all’opera. L’uso della forchetta aggiunge docili elementi di sadismo che preludono alla rotella tagliapizza. Come stadio intermedio mi permetto di suggerire le pennette all’arrabbiata.

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